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Disabili: nessuna ricompensa, solo diritti civili

DiVittorio Traetti

Lug 19, 2012

Insieme a tante altre complicazioni di ambito pratico, sovente enormi, che è costretto ad affrontare ogni giorno, chi è afflitto da qualche disabilità si trova costantemente ad affrontare un ostacolo smisurato, e che purtroppo non può essere superato neppure con le più moderne piattaforme elevatrici. E questo perché la barriera a cui ci riferiamo in questo caso non è architettonica, ma intellettuale; non è situata nell’ambiente che ci circonda, ma nascosta, spesso molto in fondo, nella nostra mente, nei nostri pensieri e nel nostro approccio.

Siamo infatti abituati a vedere il problema dei disabili come una questione di compassione, e in un certo senso, perfino di conforto: e come capita per tutte le idee intimamente radicate, abbandonare questa visione ed evolversi ad un’ottica più giusta e rispettosa – giacchè di rispetto si tratta – ci può risultare spesso difficile, tanto più perché fatichiamo perfino, d’istinto, a ravvisare quale possa essere l’errore che commettiamo. In breve, abitualmente, ci pare giusto riconoscere che dispensare ai disabili qualche agevolazione – come parcheggi riservati, e accessi facilitati – sia, tutto sommato, una giusta consolazione per le difficoltà e il dolore che patiscono quotidianamente.

Di fatto, però, un’analisi onesta e corretta da un punto di vista etico ci dimostra che, con questo piglio, stiamo prendendo la via più semplice, e che tutto sommato non ci richiede grossi sforzi, se non la spesa di qualche euro per installare ora segnalatori acustici ai semafori, ora rampe d’accesso.

Ma dovremmo concepire che non è di favori che stiamo parlando. Offrendo queste agevolazioni d’accesso e d’uso a chi soffre di disabilità, noi non ricompensiamo queste persone della loro fatica, nè stiamo offrendo loro un qualche tipo di conforto: quello che stiamo facendo è un dovere molto più semplice, ossia garantire i loro diritti fondamentali.

Proviamo infatti, per onestà intellettuale, ad affrontare la questione con un’ottica del tutto priva anche della minima traccia di buonismo, o di una mal posta generosità che spesso serve soltanto a gratificare il nostro ego. Quando siamo di fronte alla questione dell’abbattimento delle barriere architettoniche, dovremmo renderci infatti conto che i fatti sono in realtà molto semplici:

1. noi riconosciamo, ed è un tratto fondamentale della nostra civiltà, che esistano dei diritti fondamentali, che spettano a tutti quanti:

2. ne deriva che per poter dire “civile” la nostra società, è imprescindibile fare sì che tali diritti siano estesi a tutti e da tutti godibili, in ogni situazione;

3. Se, come capita, un cittadino si trova a patire condizioni fisiche che gli rendano ostico poter godere dei suoi diritti, è lampante che non ci sia altra azione pensabile se non quella di agire, con strutture e servizi, per riattivare tale diritto velocemente.

C’è chi potrebbe eccepire che, in fondo, non c’è poi tanta differenza sostanziale fra I due approcci, e che dopotutto anche il primo dei due porta, alla fine, all’analisi, ricerca e abbattimento delle barriere architettoniche, affiancandolo poi con una incessante manutenzione. Anche ammesso, tuttavia, che questo sia vero, la dfifferenza fra approcci permane, ed è essenziale per delineare una distinzione precisa fra la civiltà e la carità: due cose molto diverse.

Di Vittorio Traetti

Sono uno scrittore con un amore per la lingua inglese. Scrivo per lavoro, divertimento e talvolta solo perché ho bisogno di espellere i miei pensieri sulla pagina.